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Santi del 28 Febbraio

Il mio Santo > I Santi di Febbraio

*Beata Antonia di Firenze – Badessa - (28 Febbraio)
"Negli anni bisestili: 29 febbraio"
+ 29 febbraio 1472

Nata a Firenze, giovanissima si sposò ed ebbe un figlio. Rimasta vedova, entrò nel Monastero delle Terziarie di San Francesco, fondato a Firenze nel 1429 dalla Beata Angelina.
Fu Badessa a Foligno (1430-33) e poi a l'Aquila dove, nel 1447, confortata dal consiglio di San Giovanni da Capistrano, fondò il monastero del Corpus Domini sotto la regola prima di Santa Chiara.
Allora, come era avvenuto ad Assisi ai tempi di Santa Chiara, molte fanciulle aquilane, per seguire Antonia che ne rispecchiava le virtù, abbandonarono il mondo.
La Beata morì il 29 febbraio 1472.
Il suo corpo si conserva, tuttora intatto e flessibilie, nel Monastero di Santa Chiara dell'eucarestia a L'Aquila. Pio IX approvò il culto il 17 settembre 1847.

Etimologia: Antonia = nata prima, o che fa fronte ai suoi avversari, dal greco
Martirologio Romano: All’Aquila, beata Antonia da Firenze, Vedova, poi Fondatrice e prima Badessa del Monastero del Corpo di Cristo sotto la prima regola di Santa Chiara.
Antonia nacque a Firenze nel 1400. Giovane vedova, con un figlio, si oppose alla famiglia che era favorevole ad un nuovo matrimonio. Vedeva, nelle avversità della vita, un disegno singolare del Signore.
Erano gli anni in cui san Bernardino da Siena, con alcuni compagni, diffondeva in molte città italiane il movimento dell'Osservanza e il ritorno di un "francescanesimo" delle origini. La maggior parte delle prediche erano fatte in piazza, le chiese non riuscivano a contenere le folle che puntualmente accorrevano. Frate Bernardino predicò in Santa Croce a Firenze dall'8 marzo al 3 maggio 1425.
Antonia, ascoltandolo, rispose sì, senza condizioni, alla chiamata di Dio. Aveva conosciuto l´esperienza della vita matrimoniale, era madre, ma il Signore dava una svolta alla sua vita. Quattro anni dopo, sistemate le questioni familiari, entrò tra le terziarie francescane fondate dalla Beata Angiolina da Marsciano, anch'essa giovane vedova. Il convento fiorentino di Sant'Onofrio era il quinto che veniva fondato. Poco dopo la sua professione Antonia fu mandata, per il suo carisma, nel monastero più antico dell'Ordine, sorto a Foligno nel 1397. La fondatrice la trasferì in seguito ad Assisi, a Todi, poi definitivamente a l´Aquila, per fondare una nuova comunità. Era il 2 febbraio 1433.
Il convento aquilano, posto sotto la protezione di Sant' Elisabetta, la ebbe come guida per quattordici anni, durante i quali diede tutta se stessa perché la comunità crescesse secondo i precetti del Vangelo. Nel cuore di Antonia maturava però il desiderio di una vita maggiormente contemplativa. Motivo di pena fu, per diversi anni, la vita disordinata del figlio, che aveva sperperato il patrimonio, causando litigi tra i parenti.
Al movimento dell'Osservanza aderirono diverse comunità di clarisse e a L´Aquila fu san Giovanni da Capestrano a guidare la riforma. Antonia fu tra le prime che vi aderì. Il Santo trovò l'edificio per il monastero, presenziando alla solenne fondazione del 16 luglio 1447. Il corteo, partendo da Collemaggio, accompagnò Antonia, eletta badessa per volontà del Capestrano, e le tredici compagne al monastero dell'Eucaristia (o del Corpus Domini).
Si cominciò nelle ristrettezze più assolute, mancava anche lo stretto necessario, e Antonia non esitò a farsi questuante. La povertà era vissuta con letizia evangelica, l'esempio della Madre era forte e materno e il clima sinceramente fraterno. I frutti furono abbondanti e molte giovani chiesero di vestire l'abito e di consacrarsi al Signore. Anche per il figlio di Antonia, Battista, San Giovanni ebbe un ruolo determinante.
Il giovane vestì il saio francescano nel convento di Campli, conducendo una vita esemplare. Trascorsi sette anni, Antonia finalmente ottenne di potersi dedicare esclusivamente alla contemplazione e al silenzio. "Taceva ma la sua fama gridava", come si disse di Santa Chiara. Era modesta ed obbediente, in mensa e in coro stava all'ultimo posto, indossava le vesti più logore, lasciate dalle consorelle. Alcune monache la videro rapita in estasi, con una aureola luminosa sul capo. Negli ultimi anni ebbe una piaga alla gamba che tenne nascosta. La Beata morì alle 21 del 29 febbraio 1472, vegliata con amore dalle sorelle. Alcuni miracoli si verificarono prima ancora che venisse sepolta. Una monaca si distese al suo fianco e guarì da alcune piaghe.
I magistrati della città vollero sostenere le spese del funerale. Quindici giorni dopo la sepoltura, le consorelle, volendo ancora vedere le sue sembianze, la disseppellirono, trovandola come se fosse appena morta. Si diffuse la voce in città e il Vescovo Agnifili ordinò che fosse sepolta in un luogo distinto.
Nel 1477 il Vescovo Borgio, dopo una nuova ricognizione, constatato lo stato di perfetta conservazione del corpo di Madre Antonia e, soprattutto, ben conoscendone la fama di santità, ne autorizzò il culto che fu poi confermato il 28 luglio 1848.
Le clarisse di Paganica, custodi del suo corpo, sono oggi fedeli testimoni del suo carisma.

Preghiera
Padre delle Misericordie,
Tu che hai scelto la Beata Antonia,
come figlia, sorella e sposa
del Tuo Figlio Gesù Cristo
sulla via tracciata da Francesco e
Chiara d’ Assisi e l’hai colmata
dei doni del tuo Spirito
rendendola modello di povertà
e di vita evangelica per l’ardente
desiderio del Crocifisso povero,
concedi, per sua intercessione,
la semplicità, la purezza di vita
e la grazia che ti chiediamo
perché tutto di noi sia una lode
senza fine a Te che vivi e regni
nei secoli dei se
coli.
Amen
(Autore: Daniele Bolognini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Antonia di Firenze, pregate per noi.

*Sant'Augusto Chapdelaine - Martire in Cina - (28 febbraio)

"Negli anni bisestili: 29 febbraio"

La Rochelle (Francia), 6 gennaio 1814 – Sy-Lin-Hien (Cina), 29 febbraio 1856
Nacque a La Rochelle in Francia, il 6 gennaio 1814 in una famiglia di contadini. Frequentò il Seminario diocesano e fu ordinato sacerdote nel 1843; ebbe il compito, prima di vicario e poi di parroco del villaggio di Boucey.
Nel 1851 passò al noviziato dell'Istituto delle missioni estere di Parigi e il 29 aprile 1852 s'imbarcò ad Anversa, diretto alla missione cinese del Kuang-Si; ma si fermò a Ta-Chan vicino alla frontiera, per ambientarsi, imparare la lingua e aspettare il momento propizio.
Trascorsero quasi tre anni, poi nel 1855 poté entrare nello Kuang-Si, dove si mise subito a fare apostolato, percorrendo il territorio in lungo e in largo; in breve tempo i neofiti divennero circa duecento.
Un certo Pé-San, uomo di costumi corrotti, però, avendo saputo che una donna da lui sedotta, si era convertita al cristianesimo, denunciò la presenza del missionario al mandarino di Sy-Lin-Hien, acerrimo nemico dei cristiani, accusandolo di sobillare il popolo, fomentando disordini. Il 25 febbraio 1856 padre Chapdelaine fu fatto prigioniero. interrogatom, torturato e condannato. Morì martire il 29 febbbraio. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nella città di Xilinxian nella provincia del Guangxi in Cina, Sant’Agostino Chapdelaine, Sacerdote della Società per le Missioni Estere di Parigi e Martire, che, arrestato dai soldati insieme a molti neofiti per avere per primo seminato la fede cristiana in questa regione, colpito da trecento frustate e costretto in una piccola gabbia, morì infine decapitato.
La storia dell’evangelizzazione della Cina è costellata da innumerevoli martiri, missionari europei, clero locale, catechisti cinesi, fedeli convertiti, che donarono la loro vita, durante le ricorrenti persecuzioni, che si alternarono a periodi di pace e di proficua evangelizzazione, scatenate o sobillate da bonzi invidiosi, fanatici ‘boxer’, crudeli mandarini e imperatori, soldataglia avida di sangue e saccheggi.
In questa eroica schiera di martiri caduti negli ultimi quattro secoli, è compreso Sant’ Augusto Chapdelaine, missionario dell’Istituto delle Missioni Estere di Parigi.
Nacque a La Rochelle (diocesi di Coutances) in Francia, il 6 gennaio 1814; coltivò con i fratelli, fino ai 20 anni, gli ampi poderi agricoli presi in affitto dalla famiglia; ma dopo la morte di due di essi e
la riduzione della superficie dei terreni, lasciò l’azienda e si dedicò alla desiderata carriera ecclesiastica.
Frequentò il Seminario diocesano e fu ordinato sacerdote nel 1843; ebbe il compito, prima di vicario e poi di parroco del villaggio di Boucey.
Ma il suo desiderio era quello di essere missionario, quindi nel 1851 passò al seminario – noviziato dell’Istituto delle Missioni Estere di Parigi e il 29 aprile 1852 s’imbarcò ad Anversa, diretto alla missione cinese del Kuang-Si; ma si fermò a Ta-Chan vicino alla frontiera, per ambientarsi, imparare la lingua e aspettare il momento propizio, perché il Kuang-Si era stato per più di un secolo senza la presenza di un missionario e quindi non si era più certi dell’accoglienza dei suoi abitanti.
Trascorsero quasi tre anni, poi nel 1855 poté entrare nello Kuang-Si, dove si mise subito a fare apostolato, percorrendo il territorio in lungo e in largo; in breve tempo i neofiti divennero circa duecento e ulteriori conversioni erano prossime, quando un certo Pé-San, uomo di costumi corrotti, avendo saputo che una donna da lui sedotta, si era convertita al cristianesimo, denunciò la presenza del missionario al mandarino di Sy-Lin-Hien, acerrimo nemico dei cristiani, accusandolo di sobillare il popolo, fomentando disordini.
Il mandarino allora inviò le sue guardie a Yan-Chan, dov’era padre Augusto Chapdelaine per arrestarlo, ma questi avvertito in tempo, sfuggì alla cattura rifugiandosi in casa di un letterato cristiano a Sy-Lin-Hien.
Il 25 febbraio 1856, la casa venne circondata dalle guardie e perquisita; padre Chapdelaine fu fatto prigioniero insieme a quattro fedeli cristiani che l’avevano accompagnato e il secondo figlio dell’ospite.
La retata di cristiani produsse a sera 25 prigionieri, che furono bastonati a colpi di bambù, incatenati e con la "ganga" al collo (tipica gogna dei Paese asiatici).
Il 26 febbraio il missionario fu interrogato e accusato; ricevé per punizione centinaia di colpi di bambù che lo resero tutto una piaga.
Il giorno dopo fu incatenato con le ginocchia piegate e strette sopra delle catene di ferro e così rimase in quella dolorosissima posizione fino al 28, in attesa di un ingente riscatto da parte dei cristiani, che comunque erano nascosti ed impauriti.
Fu condannato a morire nella gabbia e il 29 febbraio 1856, con il collo entro un foro del coperchio superiore e il corpo, tolto il fondo della gabbia, sospeso, il missionario morì come fosse impiccato.
Padre Augusto Chapdelaine fu Beatificato il 27 maggio 1900 da Papa Leone XIII e proclamato Santo il 1° ottobre 2000, da Papa Giovanni Paolo II.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Augusto Chapdelaine, pregate per noi.  

*Carlo Gnocchi – Fondatore (28 febbraio)

San Colombano al Lambro (MI), 25 ottobre 1902 - 28 febbraio 1956
Un’altra grande figura della santità e operosità milanese; fu chiamato l’apostolo dei mutilatini. Nacque a S. Colombano al Lambro (MI) il 25 ottobre 1902 dal padre Enrico marmista e da Clementina Pasta sarta.
A 2 anni divenne orfano di padre e la famiglia si trasferì prima a Milano e poi a Besana di Brianza; studiò nel seminario milanese e venne ordinato sacerdote il 6 giugno 1925; le sue prime esperienze d’apostolato le fece nelle parrocchie di Cernusco sul Naviglio e in quella di S. Pietro in Sala a Milano.
Nel contempo divenne cappellano all’Istituto Gonzaga, dove ebbe l’opportunità di conoscere meglio l’uomo inquadrato nella società, i giovani, ma anche le loro famiglie e l’ambiente, affinando così la
sua passione e la sua sensibilità come educatore.
Ebbe anche dal cardinale arcivescovo Beato Schuster, l’incarico di assistente spirituale del GUF (Gruppo Universitari Fascisti) di Milano. Il 22 settembre 1936, fu nominato direttore spirituale dell’Istituto Gonzaga di cui era stato cappellano, diretto dai Fratelli delle Scuole Cristiane e inoltre insegnante di religione all’Istituto Commerciale Schiapparelli di Milano.
Il 10 giugno 1940, l’Italia entrò in guerra e don Carlo Gnocchi si arruolò volontariamente come cappellano militare del Battaglione degli Alpini ‘Val Tagliamento’, che partecipò alla campagna di Grecia.
Di ritorno dalla Grecia, volle pure partecipare da ‘sacerdote’ alla campagna di Russia, come cappellano degli Alpini della Divisione Tridentina; la disastrosa ritirata del gennaio 1943, che vide la morte di numerosi soldati, lo colpì profondamente, provocandogli una forte crisi spirituale sulla bontà di Dio, crisi che superò con la sua immensa fede e facendogli intuire il significato e il valore della sofferenza degli innocenti. Maturò il lui il desiderio di provvedere all’assistenza degli orfani dei suoi alpini, dei mutilatini di guerra, vittime dei bombardamenti e degli ordigni bellici scoppiati fra le loro mani e degli handicappati di ogni genere.
Decorato con medaglia d’argento al valor militare, negli anni 1944-45 partecipò alla Resistenza subendo anche il carcere per alcuni giorni e liberato per l’intervento del cardinale Schuster.
Nel 1945 lasciò l’incarico di direttore spirituale all’Istituto Gonzaga, prendendo quello di assistente ecclesiastico degli studenti dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, restandoci tre anni, intanto nel 1947 aveva fondato l’Istituzione ‘Pro infantia mutilata’ riconosciuta con D.P.R. del 26 marzo 1949.
Nel 1953 l’istituzione cambiò denominazione in ‘Fondazione Pro Juventute’ riconosciuta come Ente Morale. Don Carlo Gnocchi fu il “don Bosco” di Milano, la sua vita ebbe due fasi, divise dalla Seconda Guerra Mondiale, la prima lo vide come educatore, intento alla riflessione e alla ricerca spirituale e culturale, la seconda come uomo d’azione, rapido, instancabile, ansioso di creare e realizzare le sue idee e opere, prima che il tempo si concludesse per lui.
Si fece propagandista itinerante in Italia e all’Estero per le sue istituzioni, che ormai si erano ramificate, aumentando con ritmo veloce, in Lombardia e in altre regioni italiane.
Come atto supremo dell’amore che portava verso i suoi mutilatini e disabili, volle che alla sua morte, avvenuta il 28 febbraio 1956, le sue cornee venissero espiantate per donarle a due ragazzi ciechi, operazione felicemente riuscita ad opera del professor Cesare Galeazzi; si era agli albori della cultura dei trapianti d’organi.
Fu scrittore fecondo di spiritualità, educazione, pedagogia. La sua salma, il 3 aprile 1960 fu traslata dal Cimitero Monumentale alla Cappella del Centro Pilota di Milano.
Sono in corso i processi canonici per la sua beatificazione, iniziati il 3 dicembre 1986, con la formale richiesta alla Santa Sede da parte dell’Arcivescovo di Milano, Card. Martini. Il 20 dicembre 2002 il Papa lo ha dichiarato Venerabile.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Venerabile Carlo Gnocchi, pregate per noi.   

*Beato Ciriaco Maria Sancha y Hervas - Cardinale (28 febbraio)
18 giugno 1833 – 28 febbraio 1909
Nacque a Quintana del Pidio il 18 giugno 1833. Dopo il 1862 fu a Cuba, dove il 5 agosto 1869 fondò le Congregazione della Suore della Carità.
Nel 1873 fu incarcerato perché si oppose alla nomina di Pedro Llorente Miguel ad arcivescovo di Santiago di Cuba da parte del governo repubblicano spagnolo, senza il consenso della Santa Sede.
Il 28 gennaio 1876 fu eletto vescovo titolare di Areopoli e ausiliare di Toledo. Fu consacrato il 12 febbraio successivo dal cardinale Juan de la Cruz Ignacio Moreno y Maisonave.
Fu trasferito alla sede di Ávila il 27 marzo 1882; il 10 giugno 1886 fu nominato vescovo di Madrid e Alcalá de Henares.
L'11 luglio 1892 fu promosso alla sede metropolitana di Valencia. Papa Leone XIII lo elevò al rango di cardinale nel concistoro del 18 maggio 1894.
Il 2 dicembre dell'anno successivo ricevette il titolo di San Pietro in Montorio.
Il 24 marzo 1898 divenne arcivescovo di Toledo e primate di Spagna, nonché patriarca delle Indie Occidentali. Partecipò al conclave del 1903, che elesse papa Pio X.
Morì il 28 febbraio 1909 all'età di 75 anni. Nonostante la brillante carriera ecclesiastica, visse e morì in povertà. Il 18 ottobre 2009 è stato beatificato.
Proveniente da una famiglia umile, Ciriaco María Sancha y Hervás nacque nel 1883. La sua infanzia su segnata dal dolore: quando aveva 10 anni morì sua madre, due anni dopo la sua sorella maggiore.
A 25 anni fu ordinato sacerdote.
Sei anni dopo si recò a Santiago de Cuba per essere segretario dell'Arcivescovo del luogo.
"Lì trovò molta miseria. Molti poveri richiedevano la sua attenzione: mendicanti, bambini abbandonati, persone mutilate durante la guerra d'indipendenza.
Di fronte a questa realtà, non poté rimanere indifferente", spiega una biografia distribuita dal postulatore della sua causa, padre Romulado Rodrigo Lozano O.A.R, nella Sala Stampa della Santa Sede.
In questa situazione, vide la necessità di fondare una Congregazione particolarmente dedicata a loro. Il 5 agosto 1869, giorno di Nostra Signora della Neve, fondò così la comunità delle Suore della Carità del Cardinale Sancha.
Per dieci mesi fu anche arrestato per aver difeso la parola e i diritti della Chiesa, scrivendo varie opere: "Consigli a un giovane levita", "Lo Scisma di Cuba" e "Domande e risposte". Tornò poi in Spagna, dove nel 1876 venne nominato Vescovo ausiliare di Toledo.
Quattro anni dopo fu trasferito ad Ávila. Era preoccupato per la mancanza di risorse economiche di molti giovani che avevano inquietudini vocazionali. Per questo creò borse di studio e acquisì strutture di laboratorio e scienze per il seminario.
Per rispondere a queste necessità fondò anche la prima Trappa Femminile in Spagna, le cui appartenenti sono oggi conosciute come religiose cistercensi di stretta osservanza.
Papa Leone XIII lo nominò Arcivescovo di Madrid nel 1886. Lì, ha sottolineato il postulatore, si distinse "per le opere apostoliche, la preoccupazione per i poveri, i seminaristi, gli operai, le scuole domenicali". Il Papa lo incaricò anche di occuparsi della Lega cattolica, che doveva incanalare l'azione dei cattolici nella vita pubblica.
Dopo 6 anni fu nominato Vescovo di Valencia, dove nel 1893 organizzò il Primo Congresso Eucaristico Nazionale. Nel 1895 ricevette il titolo di Cardinale.
"Lavorò per liberare il clero da impegni politici, consapevole che in ciò si giocavano la dignità dello stato sacerdotale e la penetrazione che il Vangelo era chiamato ad effettuare nella società", ha affermato padre Carlos Miguel García Nieto, docente di Storia della Chiesa, durante la conferenza stampa.
"Esercitò inoltre una notevole influenza sugli intellettuali valenciani attraverso incontri mensili che convocava nel Palazzo arcivescovile e la rivista scientifica che si pubblicava periodicamente", ha detto il docente.
Divenne infine titolare della Diocesi di Toledo e primate di Spagna nel 1898. I fedeli lo ricevettero entusiasti con striscioni che dicevano "Al Padre dei poveri", "All'iniziatore dei Congressi Cattolici", "All'instancabile apostolo delle dottrine del Romano Pontefice", e furono questi i punti chiave del suo servizio episcopale negli ultimi 11 anni di vita.
Nel 1904, grazie alla sua promozione, si svolse a Siviglia il congresso della buona stampa, da cui nacquero un'agenzia di informazione cattolica con sede a Madrid e una di scrittori e artisti cattolici. Nel 1907 il Cardinale convocò la prima assemblea dell'episcopato spagnolo, che anticipò l'attuale Conferenza Episcopale.
Morì il 25 febbraio 1909, dopo essere uscito in una mattina d'inverno sotto la neve per portare coperte ai poveri
La tomba del Cardinale Sancha si trova nella Cattedrale di Toledo.
Nel suo epitaffio appare la frase: "Con zelo di ardente carità si fece tutto per tutti. Visse povero e morì poverissimo"
Nell'omelia della Messa del centenario, il Cardinale Antonio Cañizares ha detto che il porporato fu un "sollecito medico delle anime, appassionato d'amore per la Chiesa e per gli uomini, in tempi di gravi difficoltà e di crisi sociale, culturale e umana".
Il Cardinale Sancha "si lasciò modellare da Dio e cercò in tutto la sua volontà: che gli uomini si salvassero e arrivassero alla conoscenza della verità, che avessero la vita, che fossero una cosa sola e rimanessero nell'amore rispettando i comandamenti".
(Autore: Carmen Elena Villa – Fonte: Zenit)
Giaculatoria - Beato Ciriaco Maria Sancha y Hervas, pregate per noi.

*Beato Daniele Alessio Brottier - Sacerdote (28 febbraio)

La Ferté-Saint-Cyr, Blois, Francia, 7 settembre 1876 - Parigi, 28 febbraio 1936
Daniele Alessio Brottier è ricordato per il suo impegno nella missione, nell'apostolato tra i militari e per l'aiuto agli orfani.
Nato nel 1876 a La Ferté-Saint Cyr, diocesi di Blois, in Francia, entrò in Seminario nel 1890 e divenne prete a 23 anni nel 1899.
Nel 1902 entrò come novizio nella Congregazione dello Spirito Santo ad Orly, l'anno seguente emise i voti religiosi e partì quasi subito per il Senegal, allora colonia francese , ma rientrò dopo soli tre anni per motivi di salute.
Ripresosi tornò nuovamente nel paese africano, ma i problemi di salute lo costrinsero a tornare definitivamente in patria.
Allora, in Francia, fondò l'opera «Souvenir Africain», allo scopo di costruire la cattedrale di Dakar.
Cappellano militare nella Prima Guerra mondiale, fondò l'Unione nazionale combattenti e l'Opera degli orfani apprendisti. Morì nel 1936.
È stato Beatificato da Giovanni Paolo II nel 1984. (Avvenire)
Martirologio Romano: Presso Parigi in Francia, Beato Daniele Brottier, Sacerdote della Congregazione dello Spirito Santo, che si dedicò alla realizzazione di un’opera per gli orfani.
A volte il Signore rende così ardua la strada intrapresa da alcune anime, convinte di fare la Sua volontà, che esse sono costrette a lasciarla, nonostante la propria predisposizione e diventare poi un gigante in altri campi.
Così è stata la vita del beato Daniele Alessio Brottier, nacque il 7 settembre 1876 a La Ferté-Saint-Cyr nella diocesi di Blois.
Fin dall’infanzia rivelò una profonda pietà e una grande devozione alla Madonna; entrò in seminario nel 1890, passò felicemente le ordinazioni minori, facendo per un anno anche il servizio militare e
fu consacrato Sacerdote il 22 settembre 1899 a 23 anni.
Inviato come professore nel Collegio ecclesiastico di Pontlevoy, sentì ben presto la sua particolare vocazione per la vita missionaria, perciò il 24 settembre 1902 entrò come novizio nella Congregazione dello Spirito Santo ad Orly presso Parigi, l’anno seguente emise i voti religiosi e partì quasi subito per il lontano Senegal, colonia francese.
Poté restarci però solo tre anni circa, perché a causa di violenti e continui attacchi di emicrania che l’avevano colpito, fu costretto nel 1906 a ritornare in Francia.
Rimessosi in salute, l’anno seguente volle di nuovo tornare in Senegal ma ancora una volta il male si ripresentò violento e dopo qualche tempo dovette ritornare definitivamente in Patria.
Fondò in Francia l’Opera del “Souvenir Africain” con lo scopo di erigere la cattedrale a Dakar, capitale del Senegal.
Da ex militare volle proporsi come cappellano dell’esercito durante la prima guerra mondiale e dal 1914 al 1917
si prodigò eroicamente nell’assistenza dei soldati sui campi cruenti di battaglie come Verdun, Fiandre, Lorena, incurante del pericolo.
Dopo la guerra fondò l’Unione Nazionale Combattenti, fu direttore dell’Opera degli orfani apprendisti di Autenil per 12 anni e di cui ne incrementò il numero e l’efficienza, nel 1960 vi erano più di 2000 orfani e 20 istituti. Morì il 28 febbraio 1936, logorato dalle fatiche. É stato Beatificato il 25 novembre 1984 da Papa Giovanni Paolo II.  
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Daniele Alessio Brottier, pregate per noi.

*Santi Macario, Rufino, Giusto e Teofilo - Martiri (28 febbraio)
† 250
Sono martiri di origine sconosciuta, il cui culto è testimoniato dal Martirologio Geronimiano, dove i loro nomi appaiono dispersi tra altri, ugualmente ignoti, nella nota del 28 febbraio (v. anche Cereale, Pupulo, Caio e Serapione), insieme con un gruppo di martiri certamente alessandrini (i nomi vi sono riportati in grafie varie ed incerte: Maccaris o Macharis, Rufiniae o Refinae, Iusti, Theofili o Thyopili o Epoli od Opoli).
Si pensa che possa trattarsi anche qui di martiri alessandrini: Macario e Teofilo sono anche ricordati (ma non è certo che si tratti dei nostri) nella lettera di Dionigi Alessandrino a Fabio d'Antiochia; secondo la stessa Hist. Eccl., Giusto fu eletto vescovo di Alessandria nel 119-120; inoltre il Martirologio Geronimiano celebra (erroneamente) un Rufino martire alessandrino al 22 giugno.
Si aggiunga che, da un papiro di Ossirinco, si conosce un martyrion dedicato ad un martire Giusto, pure di Alessandria.
Il Martirologio Romano raggruppa questi quattro martiri sotto l'indicazione topografica di Roma.

(Autore: Giovanni Lucchesi – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Macario, Rufino, Giusto e Teofilo, pregate per noi.

*San Ilaro – 46° Papa - (28 febbraio)
"Negli anni bisestili: 29 febbraio"

Cagliari? - Sardegna, V secolo - Roma, 29 febbraio 468
(Papa dal 19/11/461 al 29/02/468)
Nativo della Sardegna, nel 465 tenne a Roma un Sinodo
(Il primo Papa i cui atti ci sono stati trasmessi integralmente)
Abbellì la Basilica lateranense.
Martirologio Romano: A Roma sulla Via Tiburtina, deposizione di Sant’Ilario, Papa, che scrisse lettere sulla fede cattolica, con cui confermò i Concili di Nicea, di Efeso e di Calcedonia, mettendo in luce il primato della sede Romana.
Il "Liber Pontificalis" lo riporta come originario della Sardegna, si dice di Cagliari, figlio di un certo Crispino e della sua infanzia, giovinezza e venuta a Roma, non si sa niente.
Si comincia a parlare di lui quando nella città eterna era già diacono, al tempo della controversia cristologica provocata da Eutiche (378-454 ca.) monaco di Costantinopoli, fautore dell’eresia monofisita. L’eresia monofisita (V-VI sec.) negava la natura umana di Cristo, affermandone l’unica natura divina; condannata determinò il distacco della Chiesa Copta, Giacobita e Armena; l’eresia fu condannata nel Concilio di Calcedonia del 451; dove si affermò il dogma che in Gesù Cristo vi è una sola persona con due nature, umana e divina.
Si ritiene che godesse di una notevole considerazione, perché Papa San Leone I Magno (440-461) lo inviò nel 449 al Concilio di Efeso a fianco del vescovo di Pozzuoli Giulio, del prete Renato e del notaio Dulcizio. I Legati pontifici partirono per la celebre città cristiana della Lidia, antica provincia romana dell’Asia, verso la metà di giugno del 449, ma durante il viaggio il prete Renato morì nell’isola di Delo; gli altri raggiunsero Efeso verso la fine di luglio o gli inizi di agosto, accolti da Flaviano patriarca di Costantinopoli; nel contempo il patriarca di Alessandria Dioscoro, che aveva l’incarico dall’imperatore d’Oriente Teodoro II (401-450), di presiedere il Concilio, stava predisponendo i lavori conciliari per una solenne riabilitazione di Eutiche e per la deposizione dei suoi avversari, fra cui il patriarca Flaviano. Il Concilio ebbe uno svolgimento tempestoso per la brutale e tirannica conduzione di Dioscoro, che abilmente eluse sempre la lettura delle lettere papali, di cui la delegazione pontificia era portatrice.
Il Vescovo Giulio, il diacono Ilaro e il notaio si trovarono soli contro una maggioranza ostile, di cui non parlavano la lingua, malvisti dal presidente e dalla legazione imperiale; ne scaturì la riabilitazione di Eutiche, che era stato in precedenza scomunicato dal patriarca Flaviano di Costantinopoli; poi si passò alla condanna dello stesso Flaviano e qui successe una serie di violenze verbali e l’Assemblea si tramutò in una bolgia; Dioscoro fingendo di essere aggredito, fece entrare i commissari imperiali con armigeri armati di spade, per riportare l’ordine, ma insieme entrarono anche tanti monaci eutichiani, marinai alessandrini e teppisti vari, tutti armati di bastoni.
Flaviano fu aggredito e malmenato, finché riuscì a rifugiarsi in un angolo della basilica, guardato dalle guardie e protetto da pochi suoi fedeli. Dioscoro intanto, minacciando le sanzioni più gravi, raccolse le 113 firme dei vescovi presenti, contro di lui.
Dei Legati romani, persi nella indegna gazzarra, non si seppe più niente di certo, si pensa che almeno Ilaro fosse con Flaviano da cui raccolse l’accorato appello scritto per il papa; la lettera poi giunta al papa Leone I però è motivo di disaccordo da parte degli studiosi, su come fosse pervenutagli.
Dopo la burrascosa prima Sessione del Concilio, passato alla storia come il "latrocinio di Efeso" per la pesante ingerenza della corte bizantina tramite il suo incaricato Dioscoro; si aprì una seconda Sessione a cui inutilmente furono invitati a partecipare i Legati pontifici dallo stesso Dioscoro, i quali avventurosamente ritornarono a Roma, patendo ogni sorta di privazioni.
Ilaro giunse alla fine di settembre; gli antichi testi mettono in risalto la forza d’animo, lo sprezzo del pericolo, la combattività del diacono a confronto del comportamento più debole e cauto degli altri membri della legazione romana.
Molte lettere di vescovi orientali coinvolti nella controversia religiosa e che furono deposti, in conseguenza del risultato del Concilio di Efeso, furono a lui indirizzate, come autorevole esponente della difesa dell’ortodossia e di intercessione presso il papa Leone I, il quale aveva già elogiato il comportamento di Ilaro e che lo eleverà al grado di arcidiacono in una data prima del 455-56, associandolo in una posizione primaria nel governo della Chiesa.
Papa Leone I lo incaricò anche nel 456 di interpellare qualche valente astronomo del tempo, per definire l’ennesima controversia fra Roma e l’Oriente, sulla celebrazione della Pasqua; il lavoro
con l’apporto determinante del suo amico Vittorio di Limoges, terminò nella primavera del 457 stabilendo una data fissa per 532 anni a partire dal 29 d.C.; comunque questo computo fu accolto solo in Italia e nella Gallia e non da altre Nazioni dell’epoca.
Il 10 novembre 461 morì il papa san Leone I Magno e dopo nove giorni, il 19 novembre, gli successe acclamato da tutti, l’arcidiacono Ilaro, compito non facile dopo un grande pontificato come quello di papa Leone I, ma Ilaro che s’era formato alla sua scuola e ne era stato collaboratore stimato, seppe mostrarsi all’altezza della situazione; tanto che gli studiosi concordano nel dire, che il suo pontificato fu la pura e semplice continuazione del precedente.
Si preoccupò, con lettere andate perse, della spinosa situazione delle Chiese Orientali nei loro rapporti con Roma; ma soprattutto, alla luce di documenti recuperati e del verbale del Concilio di Roma del 19 novembre 465, intervenne nelle controversie delle Chiese della Gallia e della Spagna, che coinvolsero il metropolita di Arles Leonzio, il metropolita di Vienne San Mamerto, il metropolita di Embrum Ingenuo, il metropolita di Aix Ansanio, i vescovi della provincia di Tarragona contro Silvano di Calahorra, ecc.
Nel sopra citato Concilio del 465 fece discutere ed approvare i divieti di ammettere agli Ordini sacri i vedovi ammogliati, mariti di vedove, ignoranti, penitenti e mutilati; riprovò l’ereditarietà delle cariche vescovili, raccomandò la celebrazione annuale di Concili provinciali; difese la dignità del sacerdozio, tenne alto il prestigio della Sede Apostolica.
Riguardo Roma si oppose alla costruzione di chiese eretiche, chiedendone con fermezza l’attuazione all’imperatore Antemio († 482); proseguì l’opera restauratrice del suo grande predecessore dopo la tempesta dei Vandali, che saccheggiarono Roma nel 455.
L’opera maggiore fatta eseguire a Roma da papa Ilaro, furono i notevoli e dispendiosi lavori compiuti al battistero Lateranense; ci fu una profusione di opere d’arte massicce, con lampadari d’oro, tre cervi d’argento pieno, fontane artistiche per l’acqua battesimale.
Ai fianchi del Battistero fece erigere tre oratori dedicati ciascuno a S. Giovanni Battista, S. Giovanni Evangelista e alla Santa Croce, dove fu deposta una reliquia della Croce e il cui insieme era di aspetto regale.
Eresse due monasteri, eseguì lavori a San Lorenzo fuori le Mura, abbinandovi due bagni e alloggi per i pellegrini, e due famose biblioteche con antichi codici del Vecchio e Nuovo Testamento.
Provvide di arredi sacri preziosi, le 25 basiliche o chiese abilitate alle liturgie stazionali con le relative processioni. Consacrò numerosi Sacerdoti, Diaconi e Vescovi; quest’inesauribile papa concluse il suo pontificato, durato appena sei anni e tre mesi, il 29 febbraio dell’anno bisestile 468.
Il suo corpo fu sepolto nella basilica di San Lorenzo al Verano, accanto ai Papi Zosimo e Sisto III. Inizialmente venne menzionato come santo al 10 settembre nei vari ‘Martirologi’ compreso il Geronimiano e a tale data fu inserito nel "Martirologio Romano"; nelle edizioni più recenti però la sua celebrazione è stata portata al 28 febbraio e negli anni bisestili al 29 febbraio.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Ilaro, pregate per noi.

*Sante Marana e Cira - Vergini (28 febbraio)

+ Siria, 450 circa
Martirologio Romano: Commemorazione delle Sante Marana e Cira, Vergini, che presso Beréa in Siria vissero in un luogo angusto e recintato, esposte alle intemperie, senza neppure un modesto riparo, osservando il silenzio e ricevendo da una finestrella il vitto loro necessario.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sante Marana e Cira, pregate per noi.

*Santi Martiri di Alessandria (28 febbraio)

Martirologio Romano: Commemorazione dei Santi Sacerdoti, Diaconi e molti altri che ad Alessandria, al tempo dell’imperatore Gallieno, mentre imperversava una terribile pestilenza, andarono di buon grado incontro alla morte assistendo le persone colpite dal morbo: la fede devota dei pii prese a venerarli come martiri.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Martiri di Alessandria, pregate per noi.

*Beati Martiri di Unzen (28 febbraio)
Scheda del Gruppo a cui appartengono:  
"Beati Martiri Giapponesi" Beatificati nel 1867-1989-2008 - Senza data (Celebrazioni singole)

+ Unzen, Giappone, 28 febbraio 1627
16 laici giapponesi della diocesi di Funai subirono il martirio presso Unzen il 28 febbraio 1627 nel contesto di feroci ondate persecutorie contro i cristiani.
Del gruppo fanno parte:
Paolo Uchibori Sakuemon (sposato),
Gaspare Kizaemon, Maria Mine (moglie del beato Gioacchino Mine Sukedayu),

Gaspare Nagai Sohan (sposato),
Ludovico Shinzaburo, Dionigi Saeki Zenka con suo figlio Ludovico,
Damiano Ichiyata (sposato),
Leone Nakajima Sokan con suo figlio Paolo,
Giovanni Kisaki Kyuhachi,
Giovanni Heisaku (sposato),
Tommaso Uzumi Shingoro,
Alessio Sugi Shohachi,
Tommaso Kondo Hyoemon (sposato)  
Giovanni Araki Kanshichi.
In seguito ad un rapido processo iniziato con il Nulla Osta della Santa Sede concesso in data 2 settembre 1994, è stato riconosciuto il loro martirio il 1° luglio 2007 e sono stati beatificati il 24 novembre 2008, sotto il pontificato di Papa Benedetto XVI, unitamente ad un gruppo complessivo di 188 martiri giapponesi.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beati Martiri di Unzen, pregate per noi.

*Sant'Osvaldo di Worcester – Vescovo (28 febbraio)

"Negli anni bisestili: 29 febbraio"

Etimologia: Osvaldo = difensore della casa, dal sassone
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: A Worcester in Inghilterra, Sant’Osvaldo, Vescovo, che, dapprima Canonico, divenuto poi Monaco, fu infine posto a capo delle Chiese di York e di Worcester e, maestro affabile, gioioso e dotto, introdusse in molti monasteri la regola di San Benedetto.
Figlio di genitori danesi, divenne monaco benedettino a Fleury in Francia e ritornò prete in Inghilterra nel 959.
Su raccomandazione di San Dunstano di cui Osvaldo condivideva gli ideali monastici fu nominato nel 961 vescovo di Worcester, dove trasformò il Capitolo in una comunità monastica; fondò anche due monasteri a Westbury-on-Trym presso Bristol e quello più influente di Ramsey per il quale ottenne in prestito da Fleury Sant' bone, quale maestro.
Quando fu nominato Arcivescovo di York, gli fu concesso di tenere anche la Diocesi di Worcester.
Nella reazione antimonastica che seguì la morte di Sant’ Edoardo martire, le comunità monastiche furono temporaneamente disperse.
Ebbe come caratteristica personale la gentilezza, la cortesia e gioiosità che lo fecero molto amare dal popolo.
Morì a Worcester il 28 febbraio 992 dopo aver lavato i piedi a dodici poveri ed essersi seduto con loro a tavola.
Il suo corpo fu traslato in un nuovo sepolcro da San Wulfstano anch’egli Vescovo di Worcester dal 1062 al 1095.
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Osvaldo di Worcester, pregate per noi.

*San Romano di Condat - Abate (28 febbraio)
390 - 463
La Vita Patrum Jurensium, scritta da un suo seguace, ci racconta che Romano per primo ebbe l’idea di isolarsi in prossimità delle foreste Giura. Per la sua fama , il vescovo Ilario di Besancon, lo ordinò sacerdote.
Con il fratello Lupicino ed altri seguaci, Romano fondò un grande monastero a Condat, un secondo a Leuconne e un monastero femminile di clausura a le Beaume, di cui fu badessa una loro sorella.
Etimologia: Romano = nativo di Roma, dal latino
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Sul massiccio del Giura in Francia, deposizione di San Romano, abate, che, seguendo il modello degli antichi monaci, per primo condusse in quel luogo vita eremitica, divenendo poi padre di moltissimi monaci.
I primi contatti del monachesimo orientale col mondo latino furono propiziati dai frequenti esili ai
quali venne condannato S. Atanasio. É nel secolo IV infatti che prese il via il monachesimo occidentale, destinato a produrre effetti di spirituale perfezione e di civile progresso.
Basti ricordare S. Benedetto. Il primo monastero in Gallia sorse nel 371 per opera di S. Martino di Tours: poi si ebbe una improvvisa fioritura di abbazie, in una delle quali, ad Ainay, presso Lione, troviamo all'inizio del V secolo il monaco Romano.
Non contento della pur rigida regola che vigeva nel suo monastero, col permesso dell'abate, munito di un testo della Sacra Scrittura e con gli attrezzi da lavoro sulle spalle, egli si inoltrò tra le inesplorate montagne del Giura.
Di lui si persero poi le tracce, ma ciò non impedì che qualche anno dopo suo fratello Lupicino, rimasto vedovo, ne scoprisse il romitaggio e si aggregasse a lui, attirando dietro di sé altri uomini. Romano e Lupicino fecero spazio ai nuovi venuti, erigendo un primo grande monastero a Condat e un secondo a Leuconne. Poi li raggiunse anche una loro sorella, per la quale eressero un terzo monastero, poco lontano, in località detta La Beaume. I due fratelli condividevano in perfetta armonia il governo delle nuove comunità.
I loro temperamenti, diametralmente opposti, si completavano a vicenda: Romano era uno spirito tollerante, incline alla comprensione e alla magnanimità; Lupicino era austero, intransigente con la regola, della quale pretendeva l'assoluta osservanza.
Così, dopo un raccolto eccezionale, avendo i monaci scordato le rigide norme dell'astinenza, Lupicino fece gettare le provviste nel torrente e ordinò che a mensa venisse servita soltanto una minestra d'orzo. Dodici monaci non ressero a tanta austerità e abbandonarono il convento: fu Romano a correr loro dietro e ad implorarli con le lacrime agli occhi di far ritorno all'ovile.
La sua bontà trionfò anche in questa occasione. Più tardi, durante un pellegrinaggio alla tomba di S. Maurizio a Ginevra, compiuto in compagnia di un suo monaco, San Pallade, avendo trovato riparo per la notte nella capanna dove si celavano due poveri lebbrosi, Romano non esitò ad abbracciarli.
Il mattino dopo quei due relitti umani constatarono di essere completamente guariti e corsero in città a raccontare l'accaduto. Altri prodigi si verificarono durante quel pellegrinaggio. Poi il dolce e piissimo Romano tornò definitivamente alla solitudine di Condat dove precedette il fratello e la sorella nella tomba, nel 463.
Era nato verso il 390.
(Autore: Piero Bargellini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Romano di Condat, pregate per noi.

*Beato Timoteo (Stanislaw Tymoteusz) Trojanowski - Religioso e Martire (28 febbraio)
Schede dei gruppi a cui appartiene il Beato Timoteo
A) Beati Sette Frati Minori Conventuali - Martiri Polacchi - Senza Data (Celebrazioni singole)   1940 – 1943
B) Beati 108 Martiri” Polacchi
C) Beati Sette Frati Minori Conventuali - Martiri Polacchi (1940 – 1943)

Sadlowo, Plock, 29 luglio 1908 - Oswiecim, 28 febbraio 1942
Stanislaw Antoni Trojanowski nacque nel 1908 nel villaggio di Sadlowo, nella diocesi di Plock, in Polonia. Lavorò per aiutare la precaria economia della famiglia. A 22 anni entrò nel convento dei Frati Minori Conventuali a Niepokalanów, prendendo il nome di Tymoteusz.
Vi lavorò al reparto spedizioni della rivista "Rycerz Niepokalanej" (Cavaliere dell'Immacolata) - fondata dal superiore del convento, il futuro martire padre Massimiliano Kolbe - nel magazzino e nell'infermeria.
Nell'ottobre del 1941 fu arrestato dalla Gestapo insieme ad altri sei frati e rinchiuso nella prigione di via Pawiak, a Varsavia. Deportato ad Auschwitz, fu messo ai lavori forzati.
Cercò di infondere ai prigionieri - in quelle condizioni tremende - la fiducia in Dio. Ammalatosi di polmonite, morì il 28 febbraio 1942.
È stato proclamato beato da Giovanni Paolo II il 13 giugno 1999 a Varsavia nel gruppo di 108 martiri polacchi del nazismo. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia, beato Timoteo Trojanowski, sacerdote dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali e martire, che, durante la dominazione della sua patria sotto un regime ostile agli uomini e alla religione, sfinito dai supplizi subiti per aver confessato la sua fede cristiana, portò a compimento il suo martirio.
Stanislaw Antoni nacque il 29 luglio 1908 nel villaggio di Sadlowo, nella diocesi di Plock, dai genitori Ignacy e Franciszka Zebkiewicz.
Le precarie condizioni familiari lo portarono a lavorare sin dalla tenera età.
Ciò comportò una ridotta frequeza alla scuola primaria. Il 5 marzo 1930 entrò nel convento dei Frati Minori Conventuali a Niepokalanów ed il 6 gennaio 1931 poté iniziare il noviziato con il nome di Tymoteusz.
Feke la professione semplice il 2 febbraio 1932 e quella solenne l’11 febbraio 1935.
Tutta la sua vita religiosa si svolse a Niepokalanów, lavorando nel reparto di spedizione del periodico “Cavaliere dell’Immacolata”, nel magazzino di rifornimento e nell’infermeria, ove si dedicava ai confratelli malati.
Il 3 maggio 1937 comunicò al suo superiore il desiderio di recarsi in missione “ovunque e in qualsiasi momento, a disposizione della volontà di Dio”.
Frate disciplinato e fedele alla sua vocazione, godeva di grande fiducia da parte del suo celebre superiore, padre Kolbe.
Con lo scoppio della seconda guerra mondiale nel 1939, preferì restare a Niepokalanów. Il 14 ottobre 1941 venne arrestato dalla Gestapo con sei confratelli, fra cui fra Bonifacy, e rinchiuso in prigione a Varsavia.
In prigione poté dedicare molto tempo alla preghiera, infondendo coraggio agli altri ed offrendosi sempre per i lavori più pesanti.
L’8 gennaio 1942 fu nuovamente deportato con fra Bonifacy nel campo di concentramento di Oswiecim con il numero 25431.
Inizialmente fu destinato al trasporto dei materiali da costruzione, poi allo scavo e al trasporto della ghiaia ed infine alla raccolta del ravizzone.
Sopportò sempre con estremo coraggio la fame, il freddo ed il duro lavoro.
Non si perse mai d’animo, incoraggiando addirittura gli altri coprigionieri esortandoli a confidare nella protezione di Dio. Il freddo gli causò una polmonite che lo portò alla morte nell’ospedale del lager il 28 febbraio 1942.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Timoteo Trojanowski, pregate per noi.

*Altri Santi del giorno (28 febbraio)
*San
Giaculatoria - Santi tutti, pregate per noi.

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